Rancho Comancho

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Sergio Stocchi, il nostro prima

Sergio Stocchi, il nostro prima

… Dove Patria è Rancho Comancho, ovviamente. Qui vogliamo raccontare quel che è stato il ranch nei suoi oltre vent’anni di esistenza e chiamiamo a raccolta chiunque abbia documenti, storie, fotografie che raccontino questo o quello (ama anche quel che forse sarà, in futuro.

Di certo, nonostante non fosse con noi in principio, il primo che vogliamo ricordare è Sergio Stocchi, che c’era ancora prima di noi e ci sarà sempre.

 


Che cosa ne pensate?

I tanti perchè di un club

Per la maggior parte dei suoi oltre vent'anni, Rancho Comancho è stata un'idea e basta, resa reale dalle persone che ci stavano dentro, intorno, attraverso. Nato sul finire del 1989 a Caprigliola sulle Alpi Apuane, Rancho Comancho ha cercato di insegnare a centinaia di persone una strada vecchia come il mondo, quella percorsa da uomo e cavallo insieme. Ciascuno al suo posto, enormemente diversi, ma insieme, in qualche modo necessari gli uni agli altri, uomini e cavalli. Niente romanticismi né pietose bugie sull'intelligenza del "nobile destriero", ma nemmeno immotivata violenza o stupida e presunta superiorità. Niente di nuovo, niente di diverso di quel che accade tra esseri umani, con la sola complicazione di lingue, realtà, percezione del mondo completamente diverse. Verrebbe da dire incompatibili, ma non è così, come la storia pratica e quella scritta, da Senofonte in poi, ha dimostrato.
Andare a cavallo significa diventare cavalieri e questo, volenti o nolenti, crea un mondo diverso, fatto di attenzioni, riti, necessità, cultura, forza, delicatezza, durezza... Verrebbe da scrivere una parola abusata e inabusabile, zen: forse il cavaliere lo è davvero, permeabile e impermeabile, opaco e trasparente.
Si capirà bene che con questo atteggiamento mentale Rancho Comancho non avrebbe mai potuto essere un maneggio. Si vogliono formare cavalieri, non clienti. Visione del mondo, regole condivise ma inflessibili, attenzione ai particolari, studio e applicazione al solo fine di essere cavalieri. Certo: risate, divertimento, avventura, mangiate, racconti ed eccitazione prodotti dalla forza e dalla velocità dell'animale che si diventa, insieme, cavallo e cavaliere. Ma consapevolezza dei propri limiti, del proprio aver bisogno dell'altro, della propria inevitabile solitudine.
Rancho Comancho, come avrebbe potuto essere un maneggio?
Din dal nome, scelto per farsi ricordare e per ricordare. Asincrono rispetto al mondo in cui si vive e insieme ossimoro storico dell'essere scuola di uno stile di monta creato da chi ne ha distrutto l'origine, i Comanche, Nemenah, il popolo guerriero che da solo ha tenuto in scacco per oltre cento anni Spagna, Messico, Francia e Stati Uniti, oltre che tutte le altre nazioni indiane del Sud Ovest: Un popolo guerriero, agli occhi dell'Occidente orribilmente crudele, che non conosceva il verbo arrendersi, ma che in pochi decenni aveva imparato dei cavalli tutto quello che il mondo aveva impiegato millenni a capire. Un popolo senza scrittura, senza governo, senza leggi, capace di uccidere e sterminare, ma anche di accogliere chiunque nel suo grembo come parte di sè...
Come poteva Rancho Comancho essere un maneggio?
Nei suoi oltre venti anni di storia, si diceva, è stato ciò che faceva: scuola di centauri, centro di addestramento alla doma etologica, centro culturale, organizzatore di grandi feste insieme all'altrettanto inesistente e presente Tex Willer, luogo di raccolta e fuga per scrittori, muscisti, intellettuali, sportivi, tutta gente che lavorava anche in quasiasi campo della pratica quotidiana ma che a Rancho Comancho era, e basta.
Adesso Rancho Comancho ha anche un nome e cognome su una carta di identità: è una associazione senza fine di lucro, ha una partita IVA, ha i caschi per i bambini e le tessere del CONI e anche gli attestati tecnici di questo e di quello.
Attenti, però, perchè l'abito non fa il monaco.
Quanah Parker, figlio di un Comanche e di una donna bianca, è stato l'unico "grande Capo" dei Comanche, diventandolo quando già vestiva come i bianchi, viveva in una casa in legno e muratura. Parlava l'inglese e veniva visitato da Senatori e Membri del Governo USA, lo stesso i cui uomini aveva massacrato per anno difendendo la sua, la loro, idea del mondo.
E nessun trattato di pace è mai stato firmato con un popolo, come i Comanche, che non è mai stato uno, ma ognuno.

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